Giusto qualche giorno fa stavo parlando con un amico della generale sensazione che ho sulle varie nuove serie TV: la qualità media sta scendendo vertiginosamente; le serie belle, quelle che ti prendono veramente per regia, fotografia, scrittura e intuizione si contano ormai sulla punta delle dita – ma reggono quasi solo per la prima stagione, perché poi si perdono tutte più o meno via – Severance parlo anche con te; e soprattutto, le serie belle si stanno concentrando su Apple TV+, non certo su Netflix.
Ecco. Così arriva l’eccezione che conferma la regola.
Su Netflix.
Prodotto (anche) da Shonda Rhimes.
Ecco The Residence.
Ecco, non so ancora come andrà a finire perché sono arrivato solo alla fine della terza puntata.
Però oh, se mi sta piacendo.
Una regia sul pezzo.
Una fotografia interessante, mai banale.
Un cast composto da molti volti noti, che però associo a personaggi ben scolpiti nella mia testa e che qui invece interpretano ruoli totalmente differenti.
Un paio di scelte molto in stile Shondaland (che dopo averci regalato una regina inglese nera, qui ci regala SPOILER quello che credo sia il primo First Gentleman della storia del cinema e delle serie TV).
Dialoghi veloci e pungenti, che puntualmente spiazzano.
E così arrivi alla fine di questi episodi di 50 minuti senza neanche rendertene troppo conto.
Per comprendere il genere, lo descriverei semplicemente come Knives Out.
E il fatto che Knives Out sia anche il titolo di un episodio, la dice lunga.

Sì, ok, su questo aspetto piace vincere facile: Shonda Rhimes ha deciso che i titoli degli episodi siano tutti titoli di film, così come in Grey’s Anatomy utilizza invece titoli di canzoni (l’ultimo episodio trasmesso a oggi? I Still Haven’t Found What I’m Looking For. Il pilot? A Hard Day’s Night).
E poi, come si può non apprezzare un pilot in cui compare Kylie Minogue? Se qualcuno si ricorda per caso l’episodio 2×01 di Galavant, ecco, sì, penso proprio a quello.
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