Ventiventi.

Non sono mai stato bravo (né tanto meno puntuale) con i post di fine anno, i recap, i propositi. Anzi, forse è addirittura il primo che scrivo su questo blog?

Però credo che questo 2020 un post di fine anno se lo meriti. Soprattutto dopo che scorrendo un po’ di conversazioni su twitter, ho letto un post che lo definiva indecifrabile. Una parola che mi ha fatto pensare e… mi è venuto da scrivere qualcosa.

Perché va bene la pandemia e tutti i fatti di cronaca, però quanto è difficile rispondere a un come sto, come mi sento, pensando a questi 12 mesi appena passati.

La prima cosa è che sento che quest’anno sia passato molto lentamente ma contemporaneamente velocemente. Sembra l’altro ieri che leggevo delle prime notizie di una epidemia in Cina e puff. Siamo arrivati a un anno dopo. Un anno in cui se mi chiedessi “cosa è successo, cosa hai fatto?” ti rispondere “nulla”. Ne avevo già parlato qui: questo anno ha portato con sé una distorsione del senso del tempo e ora, ora che ho la possibilità di guardarmi indietro, mi rendo conto che questa sensazione è ancora più forte.

Lavoro: no, non saprei tracciare una media. Perché alla fine questo 2020 era partito con un po’ di agitazione e scombussolamenti che si sono risolti bene, ma poi è crollato inesorabilmente (ne avevo parlato un po’ qui, quando ti chiedevo come stavi), si è trascinato con difficoltà e stanchezza, ma ha raggiunto nuove vette di positività verso fine anno. E se la media è per me veramente indecifrabile, sicuramente la tendenza è verso un 2021 molto molto interessante da questo punto di vista.

E parlando di lavoro, si parla anche di colleghi. Che bello riuscire a conoscerne meglio alcuni, nonostante i rapporti umani solo digitali e la mancanza di interazioni faccia a faccia. Che belle le chiacchierate del più e del meno, scoprire passioni comuni con i nuovi arrivi, avere la conferma di essere circondato da alcune belle, bellissime persone. Persone su cui puoi contare per lavorare assieme ma soprattutto anche per un supporto morale, piccolo o grande che sia.

Videogiochi: mi sembra di non aver giocato a nulla. Eppure, mi sono perso per tante tantissime ore sull’isola deserta di Animal Crossing, ho passato tante altre ore immerso nella bellissima prima parte di Final Fantasy VII Remake, ho continuato con Destiny 2 (che ha aperto l’autunno con una nuova espansione – siamo al settimo anno di gioco, continuativo), ho provato (e fallito) a riprendere in mano The Last of Us ma no, mi agita troppo e non riesco a proseguire nella trama, anche se vorrei tantissimo. E poi c’è stato l’arrivo di questa next-gen di console con tutte le sue incertezze: alla fine volevo comprarmi una PS5 (nonostante tutti i miei dubbi del prelancio che non mi hanno convinto a effettuarne il pre-order), ma non trovandola alla fine ho ceduto alle lusinghe di Xbox Serie S (un progetto che comunque considero molto molto interessante) senza averlo deciso prima (spoiler: dopo un paio di settimane di gioco sì, ne sono contento, soprattutto per il Game Pass Ultimate).

Se guardo però al mondo dell’industria videoludica, penso che questo 2020 dovrà portare a nuove riflessioni. Perché ci sarà tanto da dire e da analizzare sia sul lancio un po’ affossato della next-gen (tra disponibilità scarse e una line up veramente povera), ma soprattutto sul lancio di Cyberpunk 2077, quello che doveva essere il giocone dell’anno e che invece deve diventare una riflessione per cambiare alcune cose nell’industria (la gestione dell’hype, le promesse del marketing, il rapporto con la stampa specializzata, la cultura tossica del crunch, l’importanza dei controlli di qualità di Sony e Microsoft per dare l’ok alla pubblicazione di un gioco, i difficili rapporti con gli investitori e un sogno forse troppo ambizioso).

Serie tv: A-I-U-T-O. Forse ho esagerato. Ma togliamo pure il forse, perché c’è il resoconto 2020 di Trakt.tv che mi conferma 1,150 ore di visione di serie tv nel corso dell’anno, complice anche la visione completa di tutta la saga di Star Wars, comprese le stagioni di spin-off a cartoni animati (che meraviglia The Clone Wars, con una serie di archi narrativi dalla scrittura perfetta) e la bellissima e stupenda seconda stagione di The Mandalorian. A parte quest’ultima, altre serie viste che si meritano una menzione particolare sono, in ordine sparso: The Crown (stagione 4), Unhortodox, Euphoria, Ratched, Hollywood, The Boys (stagione 2) e infine The Expanse (la stagione 5 è appena reiniziata su Prime Video). E ho recuperato tutto West Wing, che non avevo mai visto prima. Ho continuato con tutte quelle serie che continuerò a vedere fino alla fine (Grey’s Anatomy e This is Us in primis). E ho imparato a lasciare perdere quelle che ormai vedevo a fatica (mi dispiace, Westworld, The Walking Dead, Shameless).

Per la musica, prima o poi potrei condividere il mio Spotify Wrapped 2020. Ma intanto, qui c’è la playlist con i 100 brani che più ho ascoltato quest’anno secondo Spotify, mentre qui c’è quella che ho curato io con i singoli usciti quest’anno e che mi sono piaciuti. Ah, e ho anche finito l’anno creando una playlist di canzoni pop di Natale. Super innovativa, lo so.

Per gli allenamenti, continuo a mancare totalmente di costanza. E l’avere ancora le palestre chiuse, non aiuta. Non sono un gym rat, ma cavolo quanto mi manca l’andare fisicamente in palestra. Per il resto, anche su questo fronte faccio i conti con il mio peggior difetto: stancarmi subito, non avere costanza, abbandonare, riprendere e darmi dello scemo perché ho abbandonato. In repeat.

Avrei dovuto cambiare casa, ma anche su questo fronte gli effetti del covid (mischiati ai classici ritardi dei cantieri) si son fatti sentire. Ma ora, finalmente, abbiamo la data del rogito e si spera che l’inizio del 2021 porti quindi molte soddisfazioni per la nuova sistemazione.

E infine, gli amici. Quelli di sempre o quelli più nuovi. Tra Telegram, (relativamente pochi) Zoom, molte chat vocali PS o Xbox. Quelle rare e preziosissime volte che invece ci si è riusciti a vedere. Beh. Nulla da dire, se non grazie.

Photo by Dan-Cristian Pădureț on Unsplash


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